Ne ero convintissimo, proprio come l'anno scorso, anche quest'anno avrei fatto parte dell'unica squadra milanese di Baskin il “Sanga”.
Era dalla sera del 12 maggio 2013 che ci pensavo, cioè dalla finalissima di un ambizioso torneo, persa, non senza poche polemiche, proprio nei minuti finali.
La rabbia per i torti subiti, l'incapacità di intendere come sia potuto succedere e i volti tristi dei miei compagni di squadra, tutti convinti che quella finale l'avremmo vinta e avremmo partecipato agli ambitissimi campionati nazionali che si sarebbero svolti a Cremona, provocavano nel mio animo una voglia di rivalsa incredibile.
Persino Albertone, così lo chiamiamo tutti, l'unico ragazzo in sedia a rotelle della squadra aveva perso il sorriso che lo aveva contraddistinto per tutta la stagione, a partire dai gironi “all'italiana” fino alla semifinale e ai primissimi minuti della finalissima.
Francesco e Eugenio i due ruoli “3” che ricoprivano per la squadra una funzione fondamentale non riuscivano a spiegarsi la cocente sconfitta e lo sconforto dominava il loro volto.
Stefano e Fabrizio i “pivot” che con la loro freddezza avevano garantito, durante tutta la partita, punti “caldissimi” avevano perso lo sguardo sereno e dolce che da sempre li accompagnava.
Anche i ruoli “4” e “5”, io stesso, Mariangelo, Andrea, Enrico, Wade, Giulia e Viviana, erano pervasi da un sentimento di rabbia e dolore.
Conoscemmo il “lato oscuro” del nostro grandissimo coach Bob felicissimo della squadra per la grandissima prestazione, per il cuore e la grinta messi in campo, ma amareggiato per alcune scelte arbitrali che, secondo lui, avevano compromesso il corretto svolgimento della manifestazione.
Tutte quelle passioni sprigionate in un sol tempo dalla mente, dal volto, dal corpo e dalle espressioni dei miei compagni di squadra avevano generato in me una voglia di rivincita, di miglioramento delle capacità di gioco che mai prima il mio corpo aveva attraversato.
Nemmeno il tennis, quello sport che pratico da anni, che mi ha visto crescere e che mi ha dato comunque la possibilità di conoscere persone stupende, mi aveva mai concesso così tanta forza di volontà e voglia di fare.
Mistero...
Un nuovo anno, tuttavia, era alle porte e quello ero sicuro sarebbe stato l'anno giusto per la squadra, l'anno della svolta, l'anno della maturità in termini tecnici, ma soprattutto mentali.
Ero molto curioso di sapere se la squadra avrebbe subito delle modifiche, se si sarebbero aggregate persone nuove e se ci sarebbero stati degli addii.
Fu proprio così, allo squadrone si aggiunsero la Cala, una ragazzona di 1.90 metri, giocatrice in serie A2 di basket femminile, sempre con il Sanga, timidona e tenerona al tempo stesso che sarebbe diventata la vice-allenatrice di Bob. Bengio, un altro ragazzone di 1.98 metri, militante in serie C di basket maschile. Mauro, un cecchino infallibile e un bravissimo art designer. Fabiana, perugina D.O.C., abile giocatrice di pallavolo che non sapeva nemmeno come fossero fatti i canestri. Infine la squadra aveva acquistato quattro splendidi ruoli “3” Nicolò, Nashua, Sara e Peter.
Gli allenamenti ripresero costanti, purtroppo solamente una volta alla settimana, circondati, come sempre, dai sorrisi, dalla dolcezza e dalla vitalità che immergevano la palestra del parco Trotter in un'armonia perfetta da quando quello sport aveva varcato i suoi cancelli di ingresso.
Nessuno si era scordato la sconfitta di qualche mese prima e tutti noi avevamo una voglia incredibile di rifarci, persino i nuovi giocatori erano entrati in quell'ottica, sebbene, quella finale non l'avessero mai giocata.
Il Sanga baskin capitò in un girone tosto: Arona, Varese e Lentate sul Seveso sono squadre ben attrezzate, quest'ultima era proprio colei che aveva infranto tutti i sogni di gloria di noi milanesi pochi mesi prima. Tutti i giocatori sapevano l'importanza delle partite del girone. otto tra andata e ritorno.
Il gioco macchinoso della squadra, all'inizio, fece preoccupare un po' tutti, ma era scontato, con così tanti nuovi innesti, i giocatori non avevano ancora avuto il tempo di conoscersi bene e di ambientarsi nel modo corretto.
Le partite, tuttavia, riuscimmo a vincerle quasi tutte, tranne una, quella in casa contro Arona, persa di un punto, sempre nei minuti finali. Il cuore, la grinta e la forza di volontà, però, fecero in modo che pochi giorni dopo nella sfida di ritorno il Sanga sia riuscito a trionfare con ben 6 punti di distacco classificandosi prima nel suo girone! Che gran risultato!
Tutti erano contenti, soprattutto dopo le due vittorie facili con Lentate, la grande rivale, ma il coach Bob, per primo e, successivamente, tutti noi giocatori, sapevamo bene che il cammino era appena iniziato e che sarebbe stato lunghissimo e difficilissimo da lì in avanti.
Ora, ad attenderci, c'era la squadra di Borgomanero.
Aver raggiunto la semifinale era un risultato, per noi, già molto positivo, ma non nascondo che il nostro vero obiettivo era la vittoria del torneo, quella che l'anno scorso ci sfuggì per una manciata di punti.
Tutti, nelle due partite contro Borgomanero, avrebbero dato il massimo.
Il match di andata lo giocammo in casa una domenica mattina e riprendersi dal sabato sera, l'unico momento della settimana disponibile per svagarsi, non era stato facile. Durante tutta la partita, la stanchezza e la mancanza di lucidità di quasi tutti i giocatori avevano fatto sì che si finisse con un punteggio di parità: 44 pari.
Eravamo consapevoli che il risultato non era all'altezza delle nostre aspettative, avremmo potuto, anzi dovuto fare meglio, perché ora il ritorno in casa di Borgomanero era tutt'altro che una passeggiata.
I due allenamenti prima della sfida cruciale si erano svolti con la solita allegria e armoniosità, anche se si sentiva una certa tensione proveniente dal profondo del nostro animo ed eravamo consapevoli che i nostri diretti avversari si allenavano due volte a settimana, mentre noi una sola.
Nonostante ciò, faticammo cercando di migliorare i nostri punti deboli, come la carenza di attenzione nelle partite e la fase d'attacco.
Il giorno era arrivato, la palestra di Borgomanero rilasciava un non so che di positivo e di gioioso, che ci fece sentire a nostro agio e ci tranquillizzò.
Coach Bob in primis, sentiva il peso della partita sulle sue spalle, ma, non perse la calma né la concentrazione e ci trasmise sicurezza. Pochi secondi per ripassare le tattiche e, VIA!
La partita iniziò, con il passare dei minuti la convinzione di ognuno di noi di poter vincere quella sfida aumentava, fu così che cominciammo a giocare da vera squadra. Un affiatamento difensivo, pochissimi errori e massima concentrazione, ci permisero di dominare quella partita, lasciando poco o niente alla squadra avversaria.
Al termine, i sorrisi presero il posto della tensione e della paura che prima dell'inizio della partita un po' tutti avevano.
La cosa più bella ed emozionante fu sicuramente il saluto finale con i giocatori avversari, infatti, ci offrirono addirittura un buffet, proprio per sottolineare lo spirito che questo sport, il Baskin vuole far emergere. Non è importante vincere o perdere quanto lo è la bellezza dello stare insieme e del condividere momenti unici con altri.
La partita l'avevamo vinta noi, ma l'amicizia e la stima che ogni giocatore aveva per il suo avversario erano tali da rendere quel posto un luogo stupendo.
Non avevamo fatto in tempo a goderci il passaggio del turno e l'approdo in finale che dovevamo già concentrarci sugli allenamenti in vista della finale stessa.
La squadra con la quale ci saremmo giocati il titolo era di nuovo Arona, colei che all'inizio faceva parte del nostro stesso girone e con la quale negli scontri diretti eravamo in parità.
Il 26 maggio 2014 fu una giornata speciale, diversa dal solito.
A partire dal mattino si sarebbero giocate 3 finali: 5°-6° posto, 3°-4° posto e, infine 1°-2° posto.
Gli organizzatori premevano perché fossero presenti tutte le squadre dall'inizio della giornata, in modo che quella iniziativa diventasse una buona occasione per conoscersi meglio e per tifare durante le partire.
La Cala, nelle vesti di un autista di prim'ordine con la sua modernissima Fiat “Punto” vecchio modello portò me, Mauro, Fabiana e Francesco sino a Castelletto sopra Ticino, laddove avremmo giocato la finale.
Partimmo presto per essere presenti ed assistere a tutte le gare, onltre, il viaggio servì per renderci ancora più uniti tra di noi e aumentare l'affiatamento. Ci divertimmo, anche se il nostro pensiero andava sempre nella direzione della partita che avremmo giocato di pomeriggio.
Raggiunto Castelleto ci unimmo al resto della squadra, tifammo, mangiammo e ci preparammo insieme psicologicamente per la grande gara.
Il momento era arrivato ci riunimmo negli spogliatoi attorno a coach Bob per un momento di “training autogeno”, ma il tempo scorreva veloce e il riscaldamento pre-match ci attendeva.
Tutti eravamo concentratissimi, e il match prese l'avvio.
La partita sembrava non finire mai, eravamo sopra di 15 punti, ci ritrovammo sopra solo di un punto poi di nuovo di 15 per concludere con una differenza punti di 8.
Avevamo vinto!
Ognuno di noi giocò una partita memorabile, io, Albertone e Francesco facemmo molti canestri, più del solito, evidentemente il duro allenamento aveva portato i suoi frutti!
Una gioia indescrivibile attraversava il nostro corpo, sorrisi e anche qualche lacrima per l'emozione caratterizzarono i primi minuti subito dopo la fine del match: il Sanga baskin era campione!
La giornata si concluse nel migliore dei modi, premiazione e buffet finale con tutti i giocatori!
Tutti i nostri compagni di squadra erano soddisfatti, dal primo all'ultimo erano tutti consapevoli di aver contribuito alla vittoria finale.
Il torneo si era concluso nel migliore dei modi, eravamo migliorati sia tatticamente sia mentalmente e ci sentivamo una squadra più unita e più affiatata.
Ora, gli allenamenti continuano perché ci aspettano nuove amichevoli e nuovi tornei estivi, sempre pronti per portare lo spirito del Baskin ovunque.
Davide Motta
Era dalla sera del 12 maggio 2013 che ci pensavo, cioè dalla finalissima di un ambizioso torneo, persa, non senza poche polemiche, proprio nei minuti finali.
La rabbia per i torti subiti, l'incapacità di intendere come sia potuto succedere e i volti tristi dei miei compagni di squadra, tutti convinti che quella finale l'avremmo vinta e avremmo partecipato agli ambitissimi campionati nazionali che si sarebbero svolti a Cremona, provocavano nel mio animo una voglia di rivalsa incredibile.
Persino Albertone, così lo chiamiamo tutti, l'unico ragazzo in sedia a rotelle della squadra aveva perso il sorriso che lo aveva contraddistinto per tutta la stagione, a partire dai gironi “all'italiana” fino alla semifinale e ai primissimi minuti della finalissima.
Francesco e Eugenio i due ruoli “3” che ricoprivano per la squadra una funzione fondamentale non riuscivano a spiegarsi la cocente sconfitta e lo sconforto dominava il loro volto.
Stefano e Fabrizio i “pivot” che con la loro freddezza avevano garantito, durante tutta la partita, punti “caldissimi” avevano perso lo sguardo sereno e dolce che da sempre li accompagnava.
Anche i ruoli “4” e “5”, io stesso, Mariangelo, Andrea, Enrico, Wade, Giulia e Viviana, erano pervasi da un sentimento di rabbia e dolore.
Conoscemmo il “lato oscuro” del nostro grandissimo coach Bob felicissimo della squadra per la grandissima prestazione, per il cuore e la grinta messi in campo, ma amareggiato per alcune scelte arbitrali che, secondo lui, avevano compromesso il corretto svolgimento della manifestazione.
Tutte quelle passioni sprigionate in un sol tempo dalla mente, dal volto, dal corpo e dalle espressioni dei miei compagni di squadra avevano generato in me una voglia di rivincita, di miglioramento delle capacità di gioco che mai prima il mio corpo aveva attraversato.
Nemmeno il tennis, quello sport che pratico da anni, che mi ha visto crescere e che mi ha dato comunque la possibilità di conoscere persone stupende, mi aveva mai concesso così tanta forza di volontà e voglia di fare.
Mistero...
Un nuovo anno, tuttavia, era alle porte e quello ero sicuro sarebbe stato l'anno giusto per la squadra, l'anno della svolta, l'anno della maturità in termini tecnici, ma soprattutto mentali.
Ero molto curioso di sapere se la squadra avrebbe subito delle modifiche, se si sarebbero aggregate persone nuove e se ci sarebbero stati degli addii.
Fu proprio così, allo squadrone si aggiunsero la Cala, una ragazzona di 1.90 metri, giocatrice in serie A2 di basket femminile, sempre con il Sanga, timidona e tenerona al tempo stesso che sarebbe diventata la vice-allenatrice di Bob. Bengio, un altro ragazzone di 1.98 metri, militante in serie C di basket maschile. Mauro, un cecchino infallibile e un bravissimo art designer. Fabiana, perugina D.O.C., abile giocatrice di pallavolo che non sapeva nemmeno come fossero fatti i canestri. Infine la squadra aveva acquistato quattro splendidi ruoli “3” Nicolò, Nashua, Sara e Peter.
Gli allenamenti ripresero costanti, purtroppo solamente una volta alla settimana, circondati, come sempre, dai sorrisi, dalla dolcezza e dalla vitalità che immergevano la palestra del parco Trotter in un'armonia perfetta da quando quello sport aveva varcato i suoi cancelli di ingresso.
Nessuno si era scordato la sconfitta di qualche mese prima e tutti noi avevamo una voglia incredibile di rifarci, persino i nuovi giocatori erano entrati in quell'ottica, sebbene, quella finale non l'avessero mai giocata.
Il Sanga baskin capitò in un girone tosto: Arona, Varese e Lentate sul Seveso sono squadre ben attrezzate, quest'ultima era proprio colei che aveva infranto tutti i sogni di gloria di noi milanesi pochi mesi prima. Tutti i giocatori sapevano l'importanza delle partite del girone. otto tra andata e ritorno.
Il gioco macchinoso della squadra, all'inizio, fece preoccupare un po' tutti, ma era scontato, con così tanti nuovi innesti, i giocatori non avevano ancora avuto il tempo di conoscersi bene e di ambientarsi nel modo corretto.
Le partite, tuttavia, riuscimmo a vincerle quasi tutte, tranne una, quella in casa contro Arona, persa di un punto, sempre nei minuti finali. Il cuore, la grinta e la forza di volontà, però, fecero in modo che pochi giorni dopo nella sfida di ritorno il Sanga sia riuscito a trionfare con ben 6 punti di distacco classificandosi prima nel suo girone! Che gran risultato!
Tutti erano contenti, soprattutto dopo le due vittorie facili con Lentate, la grande rivale, ma il coach Bob, per primo e, successivamente, tutti noi giocatori, sapevamo bene che il cammino era appena iniziato e che sarebbe stato lunghissimo e difficilissimo da lì in avanti.
Ora, ad attenderci, c'era la squadra di Borgomanero.
Aver raggiunto la semifinale era un risultato, per noi, già molto positivo, ma non nascondo che il nostro vero obiettivo era la vittoria del torneo, quella che l'anno scorso ci sfuggì per una manciata di punti.
Tutti, nelle due partite contro Borgomanero, avrebbero dato il massimo.
Il match di andata lo giocammo in casa una domenica mattina e riprendersi dal sabato sera, l'unico momento della settimana disponibile per svagarsi, non era stato facile. Durante tutta la partita, la stanchezza e la mancanza di lucidità di quasi tutti i giocatori avevano fatto sì che si finisse con un punteggio di parità: 44 pari.
Eravamo consapevoli che il risultato non era all'altezza delle nostre aspettative, avremmo potuto, anzi dovuto fare meglio, perché ora il ritorno in casa di Borgomanero era tutt'altro che una passeggiata.
I due allenamenti prima della sfida cruciale si erano svolti con la solita allegria e armoniosità, anche se si sentiva una certa tensione proveniente dal profondo del nostro animo ed eravamo consapevoli che i nostri diretti avversari si allenavano due volte a settimana, mentre noi una sola.
Nonostante ciò, faticammo cercando di migliorare i nostri punti deboli, come la carenza di attenzione nelle partite e la fase d'attacco.
Il giorno era arrivato, la palestra di Borgomanero rilasciava un non so che di positivo e di gioioso, che ci fece sentire a nostro agio e ci tranquillizzò.
Coach Bob in primis, sentiva il peso della partita sulle sue spalle, ma, non perse la calma né la concentrazione e ci trasmise sicurezza. Pochi secondi per ripassare le tattiche e, VIA!
La partita iniziò, con il passare dei minuti la convinzione di ognuno di noi di poter vincere quella sfida aumentava, fu così che cominciammo a giocare da vera squadra. Un affiatamento difensivo, pochissimi errori e massima concentrazione, ci permisero di dominare quella partita, lasciando poco o niente alla squadra avversaria.
Al termine, i sorrisi presero il posto della tensione e della paura che prima dell'inizio della partita un po' tutti avevano.
La cosa più bella ed emozionante fu sicuramente il saluto finale con i giocatori avversari, infatti, ci offrirono addirittura un buffet, proprio per sottolineare lo spirito che questo sport, il Baskin vuole far emergere. Non è importante vincere o perdere quanto lo è la bellezza dello stare insieme e del condividere momenti unici con altri.
La partita l'avevamo vinta noi, ma l'amicizia e la stima che ogni giocatore aveva per il suo avversario erano tali da rendere quel posto un luogo stupendo.
Non avevamo fatto in tempo a goderci il passaggio del turno e l'approdo in finale che dovevamo già concentrarci sugli allenamenti in vista della finale stessa.
La squadra con la quale ci saremmo giocati il titolo era di nuovo Arona, colei che all'inizio faceva parte del nostro stesso girone e con la quale negli scontri diretti eravamo in parità.
Il 26 maggio 2014 fu una giornata speciale, diversa dal solito.
A partire dal mattino si sarebbero giocate 3 finali: 5°-6° posto, 3°-4° posto e, infine 1°-2° posto.
Gli organizzatori premevano perché fossero presenti tutte le squadre dall'inizio della giornata, in modo che quella iniziativa diventasse una buona occasione per conoscersi meglio e per tifare durante le partire.
La Cala, nelle vesti di un autista di prim'ordine con la sua modernissima Fiat “Punto” vecchio modello portò me, Mauro, Fabiana e Francesco sino a Castelletto sopra Ticino, laddove avremmo giocato la finale.
Partimmo presto per essere presenti ed assistere a tutte le gare, onltre, il viaggio servì per renderci ancora più uniti tra di noi e aumentare l'affiatamento. Ci divertimmo, anche se il nostro pensiero andava sempre nella direzione della partita che avremmo giocato di pomeriggio.
Raggiunto Castelleto ci unimmo al resto della squadra, tifammo, mangiammo e ci preparammo insieme psicologicamente per la grande gara.
Il momento era arrivato ci riunimmo negli spogliatoi attorno a coach Bob per un momento di “training autogeno”, ma il tempo scorreva veloce e il riscaldamento pre-match ci attendeva.
Tutti eravamo concentratissimi, e il match prese l'avvio.
La partita sembrava non finire mai, eravamo sopra di 15 punti, ci ritrovammo sopra solo di un punto poi di nuovo di 15 per concludere con una differenza punti di 8.
Avevamo vinto!
Ognuno di noi giocò una partita memorabile, io, Albertone e Francesco facemmo molti canestri, più del solito, evidentemente il duro allenamento aveva portato i suoi frutti!
Una gioia indescrivibile attraversava il nostro corpo, sorrisi e anche qualche lacrima per l'emozione caratterizzarono i primi minuti subito dopo la fine del match: il Sanga baskin era campione!
La giornata si concluse nel migliore dei modi, premiazione e buffet finale con tutti i giocatori!
Tutti i nostri compagni di squadra erano soddisfatti, dal primo all'ultimo erano tutti consapevoli di aver contribuito alla vittoria finale.
Il torneo si era concluso nel migliore dei modi, eravamo migliorati sia tatticamente sia mentalmente e ci sentivamo una squadra più unita e più affiatata.
Ora, gli allenamenti continuano perché ci aspettano nuove amichevoli e nuovi tornei estivi, sempre pronti per portare lo spirito del Baskin ovunque.
Davide Motta