Quando coach Bob mi chiese se avessi potuto introdurre un gruppo di studenti universitari Erasmus al gioco del Baskin, visto che egli non sarebbe potuto venire all'allenamento, d'istinto la mia risposta fu sì. Essi fanno parte dell'associazione "ESN" che ha l'obiettivo, attraverso il Baskin, di avvicinare gli studenti Erasmus a una realtà sportiva che coinvolge normodotati e disabili.
Il mio compito, pensavo, è facile...
Devo soltanto spiegare loro le regole principali, introdurli alla squadra, fare in modo che possano partecipare all'allenamento e si integrino nel giro di poco tempo.
Pensando ciò, avevo, probabilmente, trascurato del tutto, la parte più importante: imprimere la passione e la bellezza del Baskin nei loro cuori e nelle loro menti, per far in modo che potessero esportarlo verso altre realtà, le università straniere da cui provengono, ad esempio.
Ero lusingato dalla proposta del mio coach e al tempo stesso mi sentivo sulle spalle il peso di una grande responsabilità.
Lunedì 10 novembre fu il giorno in cui questi studenti, quattro ragazze - tre spagnole e una francese - e un ragazzo italiano fecero visita alla squadra. L'appuntamento con me era alle 18:15 esattamente trenta minuti prima dell'inizio dell'allenamento.
Trenta minuti per spiegare le regole e l'essenza del Baskin a cinque persone che non avevano la benché minima idea di cosa fosse questo splendido sport.
Temevo di non riuscire ad essere abbastanza chiaro e pensavo che, a causa della lingua diversa, facessero fatica a capirmi.
Incredibilmente non fu così.
Munito di uno schemino riassuntivo del regolamento, ricevuto ad una esibizione sul Baskin di qualche tempo fa, riuscii a spiegare, nel giro di poco tempo, quello che c'era da sapere sul gioco. Tutto tutto no ovviamente, le regole sono tantissime e molto complicate - alcune non me le ricordo nemmeno io, lo ammetto - però quelle principali ero convinto le avessero capite.
Anche se i loro sguardi erano caratterizzati da un sentimento di spaesamento e leggera paura - espressioni che caratterizzano tutti quelli che si accingono al Baskin per la prima volta - capii di aver fatto un buon lavoro non appena l'allenamento prese l'avvio.
Furono accolti con grande gioia e felicità da tutti i componenti della squadra, alcuni erano curiosi di sapere chi fossero quegli estranei mai visti prima e gli fecero delle domande, altri volevano far subito vedere loro le capacità di cui erano dotati e cominciarono a tirare a canestro.
All'arrivo di Alessandra Calastri che avrebbe condotto l'allenamento, la squadra si riunì. "Cala" sapeva che ci sarebbero stati dei visitatori e li presentò ufficialmente alla squadra.
Sin da subito, gli universitari erano già parte integrante della grande famiglia, parteciparono a tutti gli esercizi e alla partitella finale, nella quale si distinsero per capacità e voglia di giocare.
Finito l'allenamento mi chiesero se avessero potuto tornare altre volte, il mio cuore, dunque, si riempì di gioia, non solo ero riuscito a far capire loro il Baskin, ma tutta la squadra, unita come sempre, aveva fatto sì che si sentissero parte di un grande gruppo, il Sanga Baskin!
Davide Motta
Il mio compito, pensavo, è facile...
Devo soltanto spiegare loro le regole principali, introdurli alla squadra, fare in modo che possano partecipare all'allenamento e si integrino nel giro di poco tempo.
Pensando ciò, avevo, probabilmente, trascurato del tutto, la parte più importante: imprimere la passione e la bellezza del Baskin nei loro cuori e nelle loro menti, per far in modo che potessero esportarlo verso altre realtà, le università straniere da cui provengono, ad esempio.
Ero lusingato dalla proposta del mio coach e al tempo stesso mi sentivo sulle spalle il peso di una grande responsabilità.
Lunedì 10 novembre fu il giorno in cui questi studenti, quattro ragazze - tre spagnole e una francese - e un ragazzo italiano fecero visita alla squadra. L'appuntamento con me era alle 18:15 esattamente trenta minuti prima dell'inizio dell'allenamento.
Trenta minuti per spiegare le regole e l'essenza del Baskin a cinque persone che non avevano la benché minima idea di cosa fosse questo splendido sport.
Temevo di non riuscire ad essere abbastanza chiaro e pensavo che, a causa della lingua diversa, facessero fatica a capirmi.
Incredibilmente non fu così.
Munito di uno schemino riassuntivo del regolamento, ricevuto ad una esibizione sul Baskin di qualche tempo fa, riuscii a spiegare, nel giro di poco tempo, quello che c'era da sapere sul gioco. Tutto tutto no ovviamente, le regole sono tantissime e molto complicate - alcune non me le ricordo nemmeno io, lo ammetto - però quelle principali ero convinto le avessero capite.
Anche se i loro sguardi erano caratterizzati da un sentimento di spaesamento e leggera paura - espressioni che caratterizzano tutti quelli che si accingono al Baskin per la prima volta - capii di aver fatto un buon lavoro non appena l'allenamento prese l'avvio.
Furono accolti con grande gioia e felicità da tutti i componenti della squadra, alcuni erano curiosi di sapere chi fossero quegli estranei mai visti prima e gli fecero delle domande, altri volevano far subito vedere loro le capacità di cui erano dotati e cominciarono a tirare a canestro.
All'arrivo di Alessandra Calastri che avrebbe condotto l'allenamento, la squadra si riunì. "Cala" sapeva che ci sarebbero stati dei visitatori e li presentò ufficialmente alla squadra.
Sin da subito, gli universitari erano già parte integrante della grande famiglia, parteciparono a tutti gli esercizi e alla partitella finale, nella quale si distinsero per capacità e voglia di giocare.
Finito l'allenamento mi chiesero se avessero potuto tornare altre volte, il mio cuore, dunque, si riempì di gioia, non solo ero riuscito a far capire loro il Baskin, ma tutta la squadra, unita come sempre, aveva fatto sì che si sentissero parte di un grande gruppo, il Sanga Baskin!
Davide Motta